"
Void" del filippino
Joshua Serafin, presentato all’
Arsenale alla 60ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, rappresenta un
viaggio visivo e concettuale attraverso un vuoto generativo.
L’opera, una
video installazione di 9 minuti e 14 secondi, esplora il concetto di vuoto non come assenza, ma come un
intervallo di possibilità.
Serafin, attraverso il movimento e la gestualità di una figura non binaria, immagina
un mondo nuovo, superando le convenzioni patriarcali dell’imperialismo e proponendo una
visione futuristica tropicale.
Sarafin ha detto di voler raffigurare in "
Void" la
nascita di una divinità non binaria, impersonata nel video dall’artista stesso che, danzando in uno spazio primordiale, crea e si crea, incarnando una visione che sfida le nozioni tradizionali di potere, bellezza ed esistenza.
Seminudo, con indosso solo un perizoma, Serafin si immerge in una
piscina piena di liquido scuro e viscoso come il petrolio e si schiaffeggia i capelli intorno a uno spazio pieno di sabbia, mentre la musica per chitarra di Calvin Carrier risuona per tutto il tempo. Il video si riflette su una superficie specchiante sul pavimento, tutto è oscuro e immerso in una luce blu scura, che sembra arrivare direttamente dai film di fantascienza.
L’opera è radicata nei miti della creazione
dell’arcipelago filippino, reinterpretati attraverso performance queer e trans, per prefigurare un
futuro che valorizza la diversità di genere.La forza di "
Void" risiede nella sua capacità di
trasformare il vuoto in un momento generativo, dove l’essere si trasfigura in un “élan vital” in continuo divenire e il corpo è fonte di energia.
In questa installazione, Serafin non solo propone un’allegoria dell’assenza, ma invita a riflettere sulla possibilità di una
nuova presenza, che è allo stesso tempo umana, trans-divina e post-umana. L’opera, con la sua estetica potente e la sua profonda riflessione sulla condizione umana e la sua evoluzione, segna il
debutto di Joshua Serafin alla Biennale di Venezia, portando con sé una visione radicale e innovativa dell’arte contemporanea.
Serafin sfida lo spettatore a confrontarsi con un vuoto che è tutto fuorché inerte,
un vuoto che pulsa di potenzialità e di nuove narrazioni, che dischiude mondi possibili attraverso la danza e la performance. Questa installazione interroga la nostra percezione del vuoto, nonché la nostra comprensione della diversità e della creazione, in un’opera che è allo stesso tempo
visione artistica e manifesto politico.