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Due chiacchiere e un caffè con Lorenzo Quinn a Venezia

Un incontro piacevole con Lorenzo Quinn

È un sabato mattina ed abbiamo appuntamento con Lorenzo Quinn a Ca’ Sagredo. Lorenzo ci accoglie sorridente, in modo affabile, informale, mentre sorseggia il cappuccino. Una coppia spagnola si avvicina e gli chiede una foto, poi la donna gli porge il proprio telefonino chiedendogli come fare per inviarla a dei conoscenti. Lorenzo armeggia col cellulare della signora e invia la foto. Ci invita poi a sederci al suo tavolino, all’ombra, nel terrazzino di Ca’ Sagredo affacciato sul Canal Grande.
E comincia la nostra chiacchierata.

GTiV: Lorenzo, qual è il motivo della sua grande ammirazione per Michelangelo? Sappiamo tra l’altro che nel 2011 è stato alle cave di Carrara per prendere un pezzo di marmo per una sua opera, come faceva Michelangelo...
L.Q. Veramente per me è stato molto più semplice. Ai tempi di Michelangelo ci volevano tre mesi per portare il marmo a Roma, noi ci mettiamo una settimana al massimo. Il materiale è lo stesso ma le tempistiche sono tutte diverse. Anche il modo di lavorare il materiale è un altro… la maestria di questi grandi scultori è incredibile. Loro cominciavano a 5 o 6 anni a lavorare negli studi e nei laboratori. A volte rischiavano pure la vita: Leonardo quando lavorava sui cadaveri poteva essere tacciato di stregoneria, mettendo così a rischio la sua stessa vita. Erano veramente fantastici. Io non potrei mai paragonarmi a questi grandi. Una cosa che ci differenzia è anche il fatto che loro lavoravano sempre per dei committenti. Noi a volte lavoriamo per dei committenti, ma principalmente lavoriamo per noi stessi.: abbiamo delle idee e le vogliamo realizzare.Come artista per me Rodin, Michelangelo, Bernini, Fidia sono i miei referenti, anche perché so che non arriverò mai alla loro perfezione. Però se guardi lassù magari ti avvicini un po'… Io sono figlio d’arte, ma i giovani oggi giorno non sanno chi era mio padre, come non sanno chi era Humphrey Bogart, Spencer Tracy, Errol Flynn, Fred Astaire, Ginger Rogers. Se invece chiedi chi è Michelangelo, Leonardo, Dalì tutti lo sanno. Sono nomi che rimangono nel tempo, e pertanto questi maestri continuano ad essere vivi. Attraverso le loro opere tu vedi le mani di questi grandi creatori. Riesci a vivere le loro emozioni. Quando vai a vedere il Mosè ti immagini Michelangelo che gli lancia il martello e gli dice “parlami”. È bellissimo, mi vengono i brividi solo a pensarci.

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Il Mosè di Michelangelo, particolare

GTiV: Cosa apprezza lei dell’arte veneziana in generale? O c’è qualche opera d’arte della nostra città magari legata alla sua esperienza personale?
L.Q.: Venezia è tutta un’opera d’arte, ci sono tante belle opere, non posso citarne una sola. E questa scultura , Support, significa proprio che bisogna salvare Venezia nella sua interezza, in quanto città munumentale, città d’arte. E la mia opera vuole proprio essere un omaggio alla incredibile creatività umana che l’ha prodotta. Venezia è davvero una città che dovremmo cercare di aiutare. Per esempio, sono un problema tutte queste navi da crociera che passano. Capisco che tutti vorrebbero venire a vedere questa città, perché è bella, è unica. Però diventa molto difficile vivere a Venezia. I veneziani vanno via, lo sappiamo. Bisogna davvero trovare un equilibrio per proteggere questa città pur permettendo di visitarla. Io non capisco una cosa: per andare a Disneyland paghi 70 euro al giorno. Perché a Venezia non si paga un biglietto di ingresso? Si potrebbe mettere una cifra, non so, 25 euro. L’obiezione può essere che così Venezia non è più per tutti. In realtà 25 euro non è poi una gran cifra, non è che non ti puoi più permettere di visitare Venezia, quando sei disposto a pagarne 70 per andare a Disneyland.

In effetti la sua opera, “Support”, è andata oltre Venezia, a suggerire l’esigenza di salvare la Madre Terra…
Si, io l’ho fatta perché mia moglie è Veneziana, mia madre è Veneziana, ma alla fine il messaggio è globale. In tutte le mie sculture cerco di lanciare messaggi globali. E di fondoqueste sculture sono sempre ottimiste. Anche se queste mani sembrano annaspare nell’acqua, sono però fuori dall’acqua, a suggerire speranza. La speranza è l’ultima a morire.

GTiV: Lei si aspettava tutto questo clamore, tutto questo successo intorno alla sua opera “Support”?
L.Q.: No, no, proprio non me l’aspettavo. Anche se devo dire che ho visto subito la reazione della gente, già quando stavamo trasportando le mani. Poi il giorno dopo, mentre le stavamo montando, il mio Instagram è impazzito… il mio video su fb è stato visto credo 3,8 milioni di volte. Incredibile! Poi il video è finito alla CNN, al National Geographic's, all’ONU…

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Trasporto lungo Canal grande (Image Credit – Halcyon Gallery)

GTiV: L’installazione ha presentato delle difficoltà?
L.Q.: Ci sono stati due gruppi di montaggio, quello italiano e quello spagnolo, che non avevano mai lavorato insieme. Gli spagnoli sono abituati, lavorando per me e per altri enti, a fare installazioni in tutto il mondo, e pertanto avevano lasciato dei margini di errore che in Italia invece non avevano considerato, erano stati precisissimi. Inoltre non è la stessa cosa eseguire un montaggio sulla terraferma o in acqua. Tra l’altro, quando dovevano inserire sott’acqua il palo, non sempre si riusciva a conficcarlo subito, bisognava fare più tentativi. Ed abbiamo avuto anche grandi problemi con l’acqua alta. Di solito a novembre uno se l’aspetta, a maggio invece no. Quindi anche da questo si può vedere come il clima stia cambiando. L’acqua alta ha reso più difficile l’installazione, perché le mani galleggiano. Presentano un’anima in ferro e pesano 2500 kg l’una, ma sono composte di un materiale espanso, quindi era maggiore la spinta dell’acqua verso l’altro che non la nostra spinta verso il basso per poter ancorare le mani. Siamo riusciti a metterne una, e il giorno dopo abbiamo cominciato a mettere la seconda ma era impossibile, tornava su. Quindi abbiamo dovuto lasciarla per tutta la notte solo con tre o quattro bulloni, quando in realtà ne sarebbero serviti 18, eravamo un po' a rischio. Ma l’indomani a colazione abbiamo constatato che miracolosamente la mano si era adagiata da sola, perché era scesa l’acqua. È arrivata la mano di Dio che ha messo la mano di Lorenzo al suo posto.

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Fase installazione (Image Credit – Halcyon Gallery)

GTiV: Che peraltro è la mano di Anthony, non di Lorenzo…
L.Q.: Si è vero, è di Anthony jr.

GTiV: Come si sente Anthony?
L.Q.: Lui è contentissimo! L’hanno pure intervistato. E lui mi chiedeva: “Allora adesso sono famoso?”. E io: “No, le tue mani sono famose!”. È molto orgoglioso. Ha rilasciato la sua prima intervista in modo spigliatissimo, è stato veramente bravo. Ha spiegato come ha fatto, ha fatto vedere le mani, è stato molto carino.

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Lorenzo con suo figlio Anthony
 (Image Credit – Halcyon Gallery)

GTiV: Dopo lo Tsunami in Thailandia e l’uragano Katrina, lei ha creato “The Force of Nature”. Secondo lei questi due episodi terribili hanno insegnato qualcosa agli esseri umani?
L.Q.: Qualcosa l’hanno insegnato, senz’altro a livello locale.. A livello globale invece purtroppo è diverso, perché appena qualcosa accade la gente ne parla, poi ognuno va avanti con la propria vita… peraltro nel 2011 c’è stato anche il disastro in Giappone… Ciò che desidero è che queste sculture vadano poi da qualche altra parte per ricordare alla gente che il cambiamento climatico è un problema che esiste davvero. Chiaramente non è solo un problema di Venezia ma anche di altri posti, come le Maldive, Fiji, Bangladesh, oppure il Polo Nord e il Polo Sud. In effetti il posto dove mi piacerebbe portare questa mia opera, anche se sarà molto difficile da un punto di vista ingegneristico, è nell’Articoa ridosso di un ghiacciaio, dove vorrei che rimanesse per un anno. Ovviamente all’inizio le mani terrebbero su il ghiacciaio, ma dopo un anno non terrebbero su niente, se non l’aria, e far così capire alla gente che lo scioglimento dei ghiacci è reale… Adesso le mani tengono su il palazzo. Ma immaginate se tra un anno il palazzo non ci fosse più… col ghiacciaio sarebbe la stessa cosa.

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Il ghiacciaio Columbia in Alaska, foto di Monica

 

GTiV: Lorenzo, noi la ringraziamo!
L.Q.Grazie a voi!

Contatti: info@guidedtoursinvenice.com